giovedì 20 novembre 2025

Barba Non facit philosophum

Il titolo e la copertina di questo libro mi avevano colpita molto, ma "Barba non facit philosophum".
Non mi è piaciuto per nulla.
Il libro è raccontato come se fosse un copione teatrale, questo potrebbe essere anche una scelta interessante dato che la protagonista è un'attrice teatrale, ma in questo caso, l'io narrante esterno ai personaggi descrive la scena, i luoghi, il pensiero(tutto e troppo) e sembra di osservare da dietro un vetro i protagonisti che recitano, non vivono, senza mai essere immersi nella storia.

Una famiglia snob composta da un'attrice trans cinica ed antipatica, sposata con un avvocato gay e infedele, e con un bambino adottato. Nessun personaggio ha dei nomi, ma vengono identificati con il loro ruolo professionale,familiare e sessuale. Sicuramente (simbolicamente) sarà stata una scelta forte per sottolineare le etichette che la società ci attribuisce. Però a lungo andare l'ho trovato disturbante, noioso e crea un distacco dai personaggi ai quali non ti affezioni mai.
L' attrice è diventata famosa e vive con la famiglia in una grande casa in città, tra lusso e agi. Vini costosi, vestiti firmati(solo gli oggetti- tutti di marca-in questo libro hanno un nome, lo trovo ripugnante)la descrizione di un mondo frivolo, vacuo, il nulla che avanza.
La storia si svolge in un weekend trascorso a casa dei genitori dell'attrice dalle umili origini che vivono fuori città, in un paesino e che la famiglia va a trovare. Da qui l'esplosione di varie sensazioni, passate e presenti, fra gelosie, amore, risentimento, tradimenti e promiscuità taciuta o urlata con isteria e distruzione di oggetti costosi. Narra di come i personaggi vivono delle gabbie autoinflitte come il matrimonio, la famiglia e i figli.

Non ho il taboo del sesso, ma leggendo che viene definito un libro erotico mi sono posta delle domande poiché  io non l'ho per nulla sentito tale, anzi, l'ho trovato spesso forzato ed inutilmente volgare.

Due stelle una per i temi trattati, perché è importante sentire una voce che indubbiamente li vive. Non avevo riflettuto mai su come spesso gli omosessuali abbiano difficoltà a vivere rapporti con un trans(in quanto non riconoscono la loro parte femminile o come dice Camila Sosa Villada "femminilizzata"). Quindi, immagino complessi le relazioni o la ricerca dell'amore per entrambi. L'altra stella per i monologhi finali.
Tolte le tematiche e la sensibilità verso esse, per mio gusto personale, penso che la letteratura sia altro.

martedì 11 novembre 2025

L'assenza di parole per esprimere il dolore non è assenza di dolore.

Scrive davvero bene. Profondo, con dialoghi serrati, simile a Roth. Mi sono chiesta se gli scrittori ebrei hanno un qualcosa di simile nel giocare con le parole.
Realmente questo libro mi è piaciuto? e da questo quesito sono scaturite varie riflessioni su come è cambiato il mio essere lettrice.
Quando ero più piccola indubbiamente mi doveva colpire il modo di scrivere, ma una cosa che amavo era scoprire qualcosa che non conoscevo. Una parola, un aneddoto, una storia e subito diventava un libro meraviglioso.
Ora, crescendo, con il tempo che acquista un valore diverso, come dice appunto Foer: "Più si invecchia più diventa difficile rendere conto del tempo. I bambini chiedono:"siamo arrivati?" Gli adulti:"Come abbiamo fatto ad arrivare così in fretta?". In un modo o nell'altro, era tardi. In un modo o nell'altro,  le ore erano andate da qualche parte." alcune cose non bastano più.
La scoperta in questo libro è l'Enantiosemie: "parole che sono il contrario di sé stesse. Si spolvera una torta con lo zucchero, ma quando si spolvera un mobile, la polvere viene tolta. Tirare un sasso vuol dire lanciarlo, ma tirare una corda vuol dire portarla verso di sé. Una Matita spuntata è senza punta, ma quando spunta la barba, la punta viene fuori. Una porta sbarrata è chiusa ma gli occhi sbarrati sono aperti."

Il titolo "Eccomi" è una parola molto forte. Esprime la presenza e la disponibilità ad una chiamata. Parla dell'esserci, ma come gli altri si aspettano che siamo, non realmente noi. La storia narra della famiglia Bloch, degli ebrei che vivono in America. Narra della quotidianità, di frustrazioni, distanze, non detti, non presenze, della crisi coniugale tra Jacob e Julia. Di come la religione influenza la vita dei personaggi ogni giorno,  e della differenza di essere un ebreo che vive in Israele rispetto ad altri luoghi. Parla del conflitto.  Piccole "catastrofi" familiari con lo sfondo di grandi catastrofi mondiali.

"Julia rimase incinta di Sam. Poi di Max. Poi di Benji. Cambió il suo corpo, ma non il desiderio di Jacob. Fu il volume delle cose che si tenevano dentro a cambiare. "
"Le loro vite interiori erano schiacciate da tutto quel vivere: non solo per il tempo e l'energia richiesti da una famiglia di cinque persone, ma per i muscoli che erano costretti a potenziarsi e quelli costretti ad atrofizzarsi."
Un bel libro, scritto davvero bene, ma per la lunghezza in rapporto a ciò che mi ha lasciato, un pó mi sono chiesta dove siano andate le mie ore.