Questo libro è scorrevole, si fa leggere e fluisce. Mentre lo leggevo, da grande bevitrice mi ha fatto pensare ad una birra lager. Beverina, ne puoi bere molte senza sentire l'ebbrezza che arriva, scorre tra le chiacchiere con gli amici al tavolo di un pub.
Ma è quella che prendo se non c'è molta scelta, non è quella che ti svolta la serata.
Indubbiamente scritto bene, troppo perfetto e costruito in ogni tratto, questo determina poca naturalezza nei dialoghi e nei rapporti tra i personaggi abbastanza stereotipati.
La storia, o meglio le varie storie che vengono raccontate, partono tutte da un evento drammatico accaduto su una spiaggia. Le due cugine Betta e Miriam in una notte d'estate vengono violentate e una delle due muore, mentre Miriam sopravvive, con la morte interiore.
Miriam non parla mai a nessuno della sua presenza quella notte e nessuno si ricorda di lei, e pian piano inizia a scomparire e a chiudersi in se stessa. A nessuno viene mai di chiedersi nulla, ognuno stretto nel proprio dolore e indifferenza.
Un libro sull'incomunicabilitá del dolore grande, sul preferire non porsi domande perché le risposte sarebbero troppo devastanti da accettare. Su come si avverte, quando capita qualcosa di doloroso, che ci sia una linea netta tra un prima e un dopo e sul come quel dopo sia atroce per il silenzio che piomba, su come tutto svanisce perché la vita va avanti senza lasciare alcun danno apparente.
Un libro pregno(troppo) di temi, invece scrittori che io adoro mi hanno insegnato che si può scrivere un capolavoro, pur non mettendo tanta carne al fuoco con semplicità.
Non penso di aver perso tempo e lo consiglierei senza dubbio perché è un bel libro(nonostante il finale alla harmony), ma continuo a preferire una bella, fresca e media IPA.
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